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Largo Muratori, 184, Modena, MO
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Imperdibile!!!
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GROG

ha visitato il locale il 25/09/2008 GROG avatar
204 Recensioni scritte dal 24/08/2007 2605 Punti

UBICAZIONE RISTORANTE

Il locale Higashi, si trova situato in Piazzetta (o Largo) Muratori, all'angolo con via Nazario Sauro. La zona è attraversata dalla via Emilia Centro, a sud est troviamo via Carteria, a sud via Malatesta, a sud ovest piazzale Erri, a nord ovest via Cardinal Morone e a sud est via Nazario Sauro.

STORIA DELLE STRADE

VIA CARTERIA: prima si chiamava Contrada Carderia, poi divenne Carteria.

- Da “Modena descritta da Francesco Sossaj” 1841.
141. CONTRADA CARDERIA.
Passa dal Corso di Via Emilia, a S. Barnaba.
Monte di Deposito di Grano.
Questo è collocato in diversi ambienti del già Monastero di S. Eufemia, ai quali si ha 1'ingresso per la porta aperta sotto il portico a sinistra della Contrada. Pu stabilito dal Sovrano decreto 1 Dicembre 1824, e posto in amministrazione del Ministero di pubblica Economia. Serve per deposito di frumento e di frumentone a vantaggio dei possidenti, che all' atto della consegna del genere ricevono un correspettivo in somma determinata, ed a fronte del riversamento di questa, dipendentemente dall' osservanza di alcune discipline , ciascuno ottiene ad ogni richiesta la restituzione del grano depositato.
- Da “Dizionario Storico Â? Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Carteria (Contrada).
Dalla via Emilia o piuttosto dalla piazza Muratori sbocca sulla piazzetta di S. Barnaba. Devesi dire carteria, non carderia perché così scritto è sempre nel Lancillotto e perché pure cosi leggesi in un documento comunitativo che ha relazione alla numerazione delle strade fatta nel 1789, e perché, infine, a poca distanza, nell'addizione Erculea, ossia in Modena nuova, v' ha una strada che quasi in vernacolo denota carderia, ossia sgarzeria. Sarebbe dunque un duplicato inutile. Cardare è il mestiere dello scardassiere, che col cardo cava fuori il pelo ai panni. Sgarzeria fra noi dunque è lo stesso che carderia � (sgarzon cardo, sgarzèer o scarzèer, cardare). Anche in questa contrada nel secolo XV si fece una pubblica festa e precisamente nel luglio del 1490. L'arte de' cartari era in lite con quella de' calzolai, perché questa voleva pure lavorare la carta, ed avendo vinta la causa i cartari, fecero costoro una baldoria la più matta, con danze e cene, in mezzo alla strada asserragliata e cogli arazzi e lumi alle finestre, come già dicemmo essere avvenuto nella contrada Campanara. In quel torno la Carteria fu selciata tutta di ciottoli da capo a fondo.
Il disegno del cortile secondario del palazzo Rangone verso lo sbocco in via Emilia è ricordato dal Burckard, ma i recenti ristauri e i successivi lo faranno purtroppo sparire del tutto e perciò dimenticare. «Penuria estrema. 1540» leggevasi in uria lapide che era presso le stalle dei Rangoni da S.Biagio ove sta il palazzo già Munarini ora Montecuccoli degli Erri. V'è un ordine in data 1 marzo 1487, il quale porta che 1'arte della carta si esercitasse solo nella contrada di Carteria, ad ovviare i disordini che avrebbe potuto far nascere il puzzo!
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Appendici e note alla 2ª edizione del Dizionario Storico Â? Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1883.
Contrada Carderia detta rua. (p. 57 e segg.).
In un rogito del notaro modenese P. Masetti, 4 giugno 1570, si legge che in ruva Cartariae un conte Sigismondo Condulmieri aveva una casa.
Carteria (p. 58, 1. 26). � 1817 (Cronaca Rovatti). � Modena 12 Marzo 1817. � In un pilastrino, che trovasi appoggiato al muro dello stallaggio quasi in faccia alla casa segnata un dì F.590, nel principio di contrada Carteria, veggonsi ancora alcune lettere di una iscrizione riportata dal Vedriani nella sua storia di Modena, e che a suoi tempi leggevasi distintamente come segue :
ANNO . MDXXX-IX . PENVRIA . EXTREMA.
Nella stessa contrada Carteria poi in una traversa di marmo sul pilastro ad Est della casa Cavani ( N. 1 ) contrada de' Correggi, evvi incisa la seguente data
MCCCCLXXXXIV . DIE . II . IVNII
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Aggiunta alle Appendici e note (ediz. 1883) al Dizionario Storico Â? Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1893.
Carteria [Contrada, o rua]. (Diz. p. 57 e segg. ). Â? In un rogito del notaro modenese P. Masetti, 4 giugno 1570. si legge che in ruva Cartariae un conte Sigismondo Condulmieri, originario Ferrarese aveva una casa: di questa famiglia (della quale pure in Venezia v'era un casato omonimo) alcuni personaggi ebbero la Commenda dell'Abbazia e Monastero del Colombaro.
- Da “ Giovanni Botti Â? Vie e Piazze di Modena” 1938.
CARTERIA (Via)
Da via S. Giacomo (piazzetta S. Barnaba) a via Emilia.
Anticamente in detta via si esercitava l'arte della carta e perciò nel secolo XIV era detta « rua Cartanorum ». Un ordine in data 1Marzo 1487 stabiliva che tale arte non poteva essere esercitata in nessun altra contrada, ciò per ovvie ragioni d'igiene.

VIA ADEODATO MALATESTA: prima si chiamava Contrada del Malore, poi nel 1891 divenne Adeodato Malatesta.

- Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Malore (Contrada del). � Comincia da quella di S. Chiara ed ha sfogo nell'Emilia. � una nomenclatura la quale parendo più dell' altre eccitare i nervi de' partigiani di mutazioni, darebbe pure a credere che nella nostra colta città si presti mente ancora alla iettatura e ai cattivi auguri! certo è che è nome strano quanto quello del vicolo Squallore. Ma se della corruzione di quest'ultimo (da Squama) si può dare ragione storica irrefragabile, una induzione quasi vittoriosa ci mette sulla strada del perché del malinconico appellativo malore. Le molteplici trasformazioni remote e recenti dei caseggiati prossimi al suo principio dai tempi degli Adelardi a quelli di Francesco V, devono aver cambiato pure la topografia delle contrade contermini e portata confusione nel dare loro i nomi, specialmente in antico. La contradella dell'Alloro serve di passaggio dalla Malore alla rua del Muro: né sarà supposizione ardita che Malore ed Alloro siano state tutt'una, non ostante la svolta, o che sia stato un cambio di nomenclatura innavvertito. Frattanto nel nostro dialetto alloro dicendosi mlóor, e da questo vocabolo potendosi assai facilmente sdrucciolare in malòor, può trovarsi naturalissima la sanzione imbianchinesca nell'invalso appellativo mistico-macabro. Vi sono però alcuni i quali attribuiscono la lugubre nomenclatura al ricordo di una tradizione, che affermerebbe nella pestilenza del 1631 non esservi rimasta persona illesa dall'epidemia, e che per qualche tempo rimanesse quel tramite anche dopo la cessazione di essa, murato ad ogni buon riguardo.
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Appendici e note alla 2ª edizione del Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1883.
Contrada Malore (p. 156. 1. 20). � La tradizione della chiusura con muro di questa contrada nel 1630-31 ha una base storica, poiché nella memoria sulla Peste dell' anno 1630 compilata dal Raselli (Modena Vincenzi 1881 ) si legge a p. 32 che « nelle contrade Piangipane e Fregatette (assai prossime a quella Malore ) erano tanti gl'infermi che per un momento si stette in forse di chiuderle e separarle dal resto della città. »
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Aggiunta alle Appendici e note (ediz. 1883) al Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1893.
Malore [Contrada del]. (Diz. p. 155).
� Insisto nell' asserire questa denominazione corrotta e trasformata da Alloro (mloor dial.) ad onta che presso vi stesse e stia un tramite detto pure dell' Alloro: questo è vicolo, non contrada.
Le quistioni pertanto e le antipatie alla più o meno lugubre nomenclatura ebbero a cessare poiché da pochi dì fu deciso cambiarlasi in quella del nostro grande pittore Adeodato Malatesta defunto adi 24 Dicembre 1891, la cui famiglia, ne' primi di questo secolo, v'ebbe abitazione.
- Da “ Giovanni Botti Â? Vie e Piazze di Modena” 1938.
MALATESTA (Via Adeodato)
Da via de' Correggi alla via Emilia (di fronte alla statua del Muratori, sul piazzale omonimo).
Nacque il 14 maggio 1806 in Modena. Di precoce talento appena dodicenne frequentò con successo l'Estense Accademia di Belle Arti, dove fece tanti progressi da esser inviato a Firenze per perfezionarsi. Fu anche a Roma e a Venezia per scopo di studio. Nel 1840 è di nuovo a Modena professore di pittura e direttore dell'Ateneo artistico modenese.
Di questo periodo e dei successivi sono il « Tobiolo », « La sconfitta di Ezzelino da Romano a Cassano d'Adda » quadro celebratissimo eseguito per commissione del Duca di Modena (Sala Malatestiana - Museo Civico) e altre grandi composizioni di carattere religioso.
Suo è pure il magnifico sipario del Teatro Comunale.
Fu anche un valoroso autore di opere a fresco, tra le quali ad esempio il «Santo» nella Chiesa di S. Domenico e la Cupola di. Fiorano (1866).
Nella Mostra Malatestiana del 1886, si ammirarono ben 283 dipinti di questo pittore insigne. Morì il 24 dicembre 1891.
Questa via era anticamente detta « Contrada del Malore ». Denominazione derivata dal nostro dialetto nella parola mloòor corrotto in malòor dalla corrispondente in italiano, alloro. Altri invece attribuiscono la nomenclatura al ricordo di una tradizione che, affermerebbe non esservi rimasta, in questa contrada, alcuna persona illesa dall'epidemia del 1630, che terribilmente colpì assieme ad alcune grandi città italiane anche Modena. Questa denominazione cessò nel 1893, quando le venne posto il nome di « Contrada Malatesta » a ricordo dell'illustre pittore modenese Adeodato Malatesta e della famiglia che vi abitò nei primi anni dell'800.
Nel Palazzo dei Musei, sul principio del grande scalone, è affìsso ad una parete un bellissimo bassorilievo del Barberini eseguito nel 1897. Nel centro del bassorilievo trovasi un pregievole busto del Malatesta.

Link per A.Malatesta:
http://it.wikipedia.org/wiki/Adeodato_Malatesta http://www.artericerca.com/pittori_italiani_ottocento/m/Malatesta%20Adeodato/Malatesta%20Adeodato.htm />

PIAZZETTA DEGLI ERRI

- Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Erri (Piazza degli).
Ora è costituita da quel tratto o largo ove la rua del Muro si immette nell'Emilia: essa era di assai più ristretta. Nel 1701 in questo spazio ora fiancheggiato da portici, situato fra due corpi di fabbriche fatti già ritirare qualche metro indietro, come al presente si vede, era un'isola di case appartenenti a quattro proprietari. I due vicoli che dalla strada Emilia conducevano in rua del Muro, i cui nomi non potei rinvenire, erano tanto ristretti, che rotabili di una certa dimensione non vi potevano transitare. Quest'isola venne atterrata nel secolo scorso e così dato sfogo a un'importante arteria della viabilità, nella biforcazione delle strade Emilia e Rua del Muro. Nelle vicinanze vi saranno state le case degli Erri, cognome che si trova spesso nelle cronache modenesi, e che risuona pure fra quelli che accennavano tra noi nel secolo XVI a riforma religiosa. Il Fontana porta molti stemmi di codesta famiglia e fra quali quelli degli Erri antiqui e di quelli per adotione: in quasi tutti campeggiano gli etimologici tre R tradizionali, arma parlante di questa casa.
- Da “ Giovanni Botti Â? Vie e Piazze di Modena” 1938.
ERRI (Piazzetta degli)
Tra Via Emilia e Rua Muro. Ultima a sinistra di Via Emilia.
Dalla famiglia Erri, tra cui meritano di essere ricordati i pittori Bartolomeo e Angelo del secolo XV e Pellegrino del secolo XVI, versato specialmente negli studi teologici, letterato e glottologo distinto nei riguardi delle lingue antiche.
Nel luogo occupato dalla piazzetta, era un gruppo di case. Venne atterrato, d'ordine del Duca Francesco III nel 1761, quando si compivano i lavori di ampliamento della via Emilia. La Rua Muro, prima d'allora, aveva sfogo in via Emilia per mezzo di due vicoli strettissimi, che circondando queste case ne veniva a formare una specie di isola.

LARGO LODOVICO ANTONIO MURATORI: fu creato per allargare la via Emilia assai ristretta (circa nel 1770) e fu chiamato Piazzale Case Nuove fino al 1853 quando fu innalzato il monumento al Muratori. Da cui prese poi il nome di Largo Muratori.

- Da “Modena descritta da Francesco Sossaj” 1841.
19 PIAZZALE CASE NUOVE.
Situato lungo l'Emilia, fra il Corso Case nuove, e la Contrada della Scimia. E' aperto nella fronte Meridionale del corpo di Case detto fabbriche nuove edificato dalla Comunità di Modena dopo il 1773 nella situazione delle Contrade Piangipane e Fregatetto , chiamate ancora di S.Croce e S.Maria Maddalena d'ordine Sovrano di Francesco III, per togliere con esse un complesso di deformità. e laidezze; le case atterrate furono 82.
- Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Muratori (Piazza). � Fra il Corso Case Nuove e la contrada della Scimia. Sino al 26 agosto del 1853 fu detta delle case nuove allorché vi fu innalzata la statua del padre della storia italiana, scultura del nostro Adeodato Malatesta. Nelle aggiunte alle note bibliografiche modenesi del Tiraboschi, da me pubblicate da non molto tempo, misi sotto gli occhi del lettore un sonetto risguardante il Muratori che ha la probabilità di essere ritenuto inedito, attribuito all' insigne nostro letterato Lodovico-Antonio Loschi defunto nel 1811. Questo sonetto si potrebbe dire ispirato all'autore (se non fosse di epoca anteriore) dalla erezione del monumento, o che da esso il Malatesta abbia desunta la mansueta posa del grande storico. Né credo inutile gratificarne il lettore.
« Giunta che fu là Ira gli elisi mirti
l'eccelsa di Lamindo¹ ombra onorata,
vennerle incontro in su l'amena entrata
i dotti del Panaro incliti spirti »

il Castelvetro, altero i cigli ed irti,
Molza e Tasson d'allor la fronte ombrata
Sigonio, Sadoleto e l'altra ornata
schiera, che dell'oblio vinse le sirti:

e dicean Â? salve o Tu, salve o sublime
fraterno ingegno, onde al ciclo erger piacque
la Patria nostra a glorie eccelse e prime! Â?

indi esclamaro: Â? ah ben virtude or giacque
senza te al mondo in ombre fosche ed ime! Â?
ED EGLI, UMIL, CHINÃ? LA FRONTE E TACQCE.

¹ Lamindo Prilanio, notissimo pseudonimo del Muratori.

Un dì prima delle riforme edilizie Franceschine qui la strada Emilia era strettissima e a quell'epoca si deve la creazione del largo. Il palazzo Montecuccoli degli Erri, già del ministro Munarini, occupa l'area dell' antica chiesa di S. Biagio rovinata al suolo pel terremoto del 1501. Questa, rifabbricata, sussistette sino allo scorcio del passato secolo. Fu allora che, per la diminuzione delle chiese parrocchiali e per le riforme edilizie del gran Francesco III, essa fu ridotta a quartieri abitabili, e la parrocchia passò nella chiesa di S. Biagio.
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Appendici e note alla 2ª edizione del Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1883.
Muratori Ludovico (p- 177). Â? Sotto il monumento a Lodovico Antonio Muratori sta scritto
LODOVICO ANTONIO MURATORI
LA PATRIA
1853
Fu Adeodato Malatesta che nel giugno 1847 concepì il pensiero di erigere un monumento al Muratori, e fatto appello ai cittadini, questi con spontanee offerte, sopperirono alle spese. Compiuto il monumento, fu dal Malatesta, a nome degli offerenti, donato al Municipio, nel giorno 26 agosto 1853.
Il libraio L. Bellei si mostrò uno dei più operosi ed indefessi raccoglitori dei contributi.
Lodovico Antonio Muratori, per propria disposizione, fu seppellito in S. Maria Pomposa. Soppressa la chiesa, il di lui corpo nell'anno 1774, fu trasportato in S. Agostino e seppellito di nuovo in faccia al battistero, dove sta scritto.
HEIC . IACENT . MORTALES . EXVVIAE
LVDOVICI . ANTONII . MVRATORII
IMMORTALIS . MEMORIAE
VIRI .
OBIIT . X . KAL . FEBBRVARII ANNO . JVBILAEI . MDCCL.
I nostri padri non avevano però mancato di pensare, molti anni prima, all'onoranza dovuta al maestro della storia italiana, col progettare d'erigergli un pubblico monumento nella sua seconda patria: anzi cercossi che la sottoscrizione fosse nazionale: lo scultore Mainoni l'avrebbe approntato per 2000 scudi: ma il progetto non ebbe sèguito.
- Da "L.Chellini-E.Pancaldi - Guida di Modena" 1926.
Risalendo alla via Emilia, dopo il palazzo Solmi e via Carteria, troviamo a sinistra il massiccio palazzo Montecuccoli degli Erri, già Munarini, costruito nella seconda metà del sec. XIX dall'ingegnere Vincenzo Maestri, sull'area dell'antica chiesa di S. Biagio, chiusa nel 1760. Esso guarda la Piazza Muratori ove sorge il monumento al padre dell'Italica Storia, eretto nel 1853. N'è autore Adeodato Malatesta. A destra della piazza, s'apre la via Nazario Sauro, che ci conduce diritti alla chiesa di S. Maria della Pomposa ed alla casa del Muratori, sulla piazza omonima.
- Da “ Giovanni Botti Â? Vie e Piazze di Modena” 1938.
MURATORI (Piazzale L. A.)
Largo sulla via Emilia: delimitato dalle vie Nazario Sauro e Mario Pellegrini.
Questo piazzale, sulla via Emilia, fu così denominato dopo che fu eretta la statua del grande storiografo. L'insigne nostro pittore Adeodato Malatesta, ne ideò l'erezione sin dal 1847 e, fatto appello alla cittadinanza per sopperire le spese del materiale, scolpi gratuitamente la statua. A lavoro finito, ne fece dono al Comune nel giorno stesso nel quale fu solennemente inaugurata, 26 agosto 1853.
Nel piedistallo sta inciso:
A
Lodovico Antonio Muratori
La Patria
1853
In questo luogo, prima delle riforme edilizie di Francesco III (1773), la via Emilia era strettissima e facevano capo due vie chiamate: una « Contrada di Fregatette » corrispondente l'attuale via M. Pellegrini; l'altra «Contrada di Piangipane » parallela alla prima e trovavasi precisamente ove oggi, dietro al monumento al Muratori, vedesi un portone simulato nel quale stava dipinto una volta lo stemma del Comune. Queste due antiche denominazioni furono poi cangiate per volere di L. A. Muratori e per ordine del Duca Rinaldo I in quelle di « S. Croce » la prima, e di « S. Maria Maddalena » la seconda (1717).
Fregatette, nome antico menzionato pure in Bologna nel XIII secolo con quattro vicoli, è stato oggetto di varie interpretazioni e « si vuole � dice il Valdrighi � corrotto da frega-tetto, quasi che la eccessiva vicinanza dei tetti nel vicolo l'avesse così fatto qualificare ».
Piangipane è il nome di una villa del Ravennate, e può darsi che tale appellativo v'abbia avuto da esuli qui emigrati per persecuzioni di parte, fierissime fra romagnoli in quei antichi tempi, quando la chiesa nostra era alle dipendenze della Metropoli di Ravenna (418-1573).
La costruzione dell'isolato di nuove fabbriche, che da questo piazzale si protende verso la Pomposa, sorto sull'area delle ottantadue catapecchie atterrate ne! 1773 durante la riforma Franceschina, fu detto, « delle Case Nuove » e da esse prese nome il sorto piazzale delle « Case Nuove » nome rimastogli fino al 1853.

Link per Ludovico Antonio Muratori:
http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_Antonio_Muratori /> http://www.repubblicaletteraria.it/LudovicoAntonioMuratori.htm /> http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/scheda.asp?ID=172 />
VIA NAZARIO SAURO: nata come Contrada della Pomposa, divenne Contrada della Scimmia, poi nel 1916 fu intitolata a Nazario Sauro.

- Da “Modena descritta da Francesco Sossaj” 1841.
20. CONTRADA DELLA SCIMIA.
Dall'Emilia, alla Via della Pomposa ; antecedentemente .... era detta Della Pomposa, poi restò incorporata nella confinante della Scimia.
- Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Scimia (Contrada della). � Dalla via Emilia ove ha capo, mette nella contrada della Pomposa. Anche questa etimologia può rilevarsi da un esercizio di qualche locandiere, stufaiolo o bettoliere che un di avrà avuto rinomanza in questa contrada. Nel secolo XV un dalle Scimie, orefice bolognese, era in Modena e pare che se ne propagasse la famiglia perché se ne trovano di tal nome nel seguente XVII. In alcune carte è detta anche della Pomposa.
- Da “ Giovanni Botti Â? Vie e Piazze di Modena” 1938.
SAURO (Via Nazario)
Da via Emilia - a destra del piazzale Muratori - a via Taglio (Denominata dal 1916).
Modena volle dedicare questa via al nome di Nazario Sauro fulgido esempio di marinaio eroico che sopportò le sofferenze del martirio per la patria.
Nato a Capodistria il 20 settembre 1880. Apparteneva alla marina mercantile austriaca; allo scoppiar della grande guerra fugge in Italia per servire la sua vera patria nella nostra marina, compiendo audacissime e fortunate imprese contro le navi austriache e meritandosi alte onorificenze al valore. Ma il 31 luglio del 1916 il suo sommergibile si incaglia su un bassofondo. Si salva con la sua gente su un trabaccolo � piccola nave mercantile in uso nell'Adriatico � ma viene poi catturato dai nemici. Riconosciuto è processato e condannato all'estremo supplizio che affronta con sereno animo il 10 agosto 1916 nel cortile delle prigioni di Pola.
Questa via era prima chiamata "Contrada della Scimia" denominazione derivata dal nome di qualche locanda, la quale un dì aveva rinomanza. Antecedentemente alla Nomenclatura Ufficiale delle vie del 1818 fu detta "Contrada della Pomposa" e prima ancora "Contrada di S. Biagio" dall'antica Chiesa di S. Biagio fabbricata sull'area del Palazzo dei marchesi Montecuccoli degli Erri, sulla via Emilia, già proprietà dei conti Munarini. Chiesa che crollò poi durante le terribili scosse di terremoto del 5 giugno 1501.

Link per Nazario Sauro:
http://it.wikipedia.org/wiki/Nazario_Sauro /> http://www.marina.difesa.it/storia/movm/parte04/movm420.asp />
CONTRADA PINGIPANE: questa contrada non esiste più, si trovava in mezzo tra le attuali via N.Sauro e via Cardinal Morone, si trovava proprio dietro il monumento del Muratori dove adesso c'è un portone simulato. Nata come Pingipane fu rinominata Santa Croce prima che tutte le case fossero abbattute e la contrada sparisse.

- Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Piangipane (Contrada). � Come la sua vicina Fregatette scomparsa per la costruzione dell' isolato detto delle case nuove, quello che, a tergo della statua di L. A. Muratori, si protende verso la Pomposa, sull' area dalle 82 catapecchie atterrate nel 1773, duranti le riforme edilizie Franceschine. Sino al secolo XVII fu cosi chiamata poiché nella cronaca del nostro Spaccini trovasi, sotto la data del 1609, corrottamente scritta Piancipano. Nel secolo andato però al tempo dell'atterramento delle 82 casipole tanto Piangipane che la sunnominata, a lei prossima, avevano cangiate le loro nomenclature in quella di S. Croce 1'una, di S.Marta Maddalena l'altra. Piangipane è il nome di una villa del Ravegnano verso Bagnacavallo lungi da Ravenna circa dieci chilometri. Ragione dell' importazione dell' appellativo strano alquanto, non locale, non di casato (perché non ve n'ha, né ve n'ebbe neanco in Ravenna) potrebbe aversi dalla temporanea dipendenza della chiesa nostra da quella di Ravenna. Diffatti dai tempi dall'imperatore Valentiniano III e Galla Placidia (418) a quelli di Alfonso II da Este (1373) la chiesa modenese fu suffraganea di quell' arcivescovado, e se di questa nomenclatura non fu causa qualche interesse chiesastico, può ben darsi che v' abbiano avuto influenza emigrazioni d'esuli, per persecuzioni di parti, fìerissime fra Romagnoli. Villaggi e paesi interi a quei tempi, emigravano in massa, quasi per una deportazione bella e buona. E' perciò osservabile questa vicinanza o appaiamento delle denominazioni Piangipane tutta romagnola, e Fregatette tutta bolognese. Piangipane è in Ravenna variamente spiegato: nell'archivio di quella plebana lo si dice nome composto da villani che in .un anno carestioso, veduti rovinare del tutto certi avanzi di un tempio sacro al Dio Pane, prendessero a dire «piange il Dio Pane» � Altri, dall' esser detta quella villa nel vernacolo ravennate rusticano Penzpàn, o Pezzpàn, argomentano che Piangipane sia una corruzione di Pian di pane. Non si conosce casato di questo nome in Modena. Piangipane precisamente trovavasi ove oggi, dietro il monumento a L. A. Muratori vedesi un portone simulato sul quale vedovasi lo stemma del comune.
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Appendici e note alla 2ª edizione del Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1883.
Piangipane ( p. 193 ). � In questa contrada du¬rante il contagio del 1630 la mortalità fu spaventevole.

VIA CARDINAL MORONE: nata come Contrada Fregatetto, poi Fregatette. Come la precedente fu rinominata in Santa Maria Maddalena, poi le case furono abbattute e ricostruite e venne chiamata Corso delle Case Nuove. Nel 1918 fu poi intitolata a certo Mario Pellegrini, e poi, (questo l'ho dedotto io) dopo la seconda guerra mondiale, fu definitivamente intitolata al Cardinale Giovanni Girolamo Morone.

Qui invece ho la conferma della mia deduzione:
Gentile Signor ....................
Sono ........................................... dell'Ufficio Toponomastica del Comune di Modena, ho avuto la sua mail da un collega che mi ha girato la sua
richiesta in merito all'anno di attribuzione della denominazione all'attuale via Cardinal Morone.
Visti i dati presenti sul nostro archivio posso dirle che l'attribuzione della denominazione risale all'anno 1945 e più precisamente è stata denominata con delibera di Giunta in data 31.10.1945, sostituendo la precedente denominazione di via Mario Pellegrini già via case nuove.
Cordiali saluti.

- Da “Modena descritta da Francesco Sossaj” 1841.
18. CORSO CASE NUOVE. Una volta Contrada di Fregatetto, partendo dalla via Emilia. Va a unirsi in Maraldo.
- Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880.
Case Nuove (Corso delle). --- Dalla piazza Muratori si congiunge, sboccandovi, alla contrada di Castel-Maraldo. Nel 1773 fu dato quel nome alla con¬trada che veniva a sostituire nell' area di più 80 case le laidissime contradelle di S. Croce e S. Maria Mad¬dalena dette prima Piangipane (se non Frangipane) e Fregatette, a correggere un termine scurrile comune¬mente dato in qualche città medioevale, fra le altre nella vicina Bologna, a certi suoi vicoletti d'ultimo ordine. Vi è notevole un edifizio di nobile e adorno disegno fatto fabbricare dai marchesi Taccoli per le loro scuderie, ora del Marchese Bellencini Bagnesi.
Fregatette (Contrada). � Scomparsa contemporaneamente alla Piangipane. Ultimamente fu detta o di S. Maria Maddalena o di S. Croce, ed era presso o in mezzo all' isolato delle 82 case, distrutte nel 1773 per dar luogo all' edifizio chiamato case o fabbriche nuove che ora si stende dalla piazza Muratori sin dove s'incontrano la via del Taglio e quella di Castel Maraldo presso la Pomposa. Su codesto appellativo, come sul cadavere del nemico ucciso battagliavano gli eroi dell' Iliade, si sono arabbattati archeologi, cronacografi, dilettanti, e quel che è peggio l'antipatica ed imbrogliona schiera de' pedanti. Considerato da taluni nella sua cruda nudità, lo si volle esempio dell' indifferente brutalismo attribuito al medio evo monacale e soldato, strana miscela di ingenuità e malizia; da altri verginali e sensitivi baccalari si volle corrotto da, frega-tetto, quasi che la eccessiva vicinanza de' tetti nel vicolo l'avesse cosi fatto qualificare, asserendosi per sopramercato che non v'era stato bisogno del correttivo, altro che nella bocca del pubblico, perché non era mai esistito colla desinenza in e, nel cartello indicatore. Chi s'incaricò con mezzi espeditivi di sopprimere la scollacciata nomenclatura fu Francesco III, che con un tratto di penna ordinò la distruzione della stradicciuola anche più sconcia, e cosi furono troncate le quistioni. Nell'Emilia però non è appellativo nuovo, poiché se ci portiamo soltanto a Bologna, ivi sino dal cominciamento del XIII secolo erano quattro vicoli detti fregatette. Tre furono ribattezzati nel 1575, insieme a un vicolo chiamato sozzonome che era ricordato sino dal 1338. Falso dunque che ciò fosse creato, sancito e ordinato dalla esclamazione di non so qual Papa - oh! il sozzo nome! � Qui vi può essere un fondo ellenico, da sozomenos (strenuus salvator): mentre l'altro comune a tutte le due città, perché non potrebbe avvertire gli archeologi di un deposito glottistico frigio-ellenico-boico, ricordando la Venere frigia, la dea Frigga de' Galli e Theutate, il loro Marte? Queste ultime osservazioni che mi comunicò con gentilezza cortese l'erudito cavaliere Michelangelo Gualandi, sono da prendersi in seria considerazione, e nobilitano l'inamenità dell'articoletto, cui per apporre una sanatoria faceta e comica può aggiungersi la strana e volgare interpretazione di messer Gianni de' Zanti. Nel suo libro, difatti, sui nomi e cognomi delle strade di Bologna egli scriveva che la strada dal nome sovrascritto fu cosi detta da un medico che non aveva pari per sanare il petto alle donne ed ivi abitava, per cui chiamatasi la contrada sana tette, poi per mutato dimostrativo si disse come sopra vedesi stampato, al principio di questa rubrica. Il dotto Gualandi suppone che fregatette sia vocabolo corrotto da fossatetto (fussadèel) piccolo fossato, poiché nel 1485 quello stradello era cosi nominato: come un certo altro vicolo che rasentando la chiesa di S. Eutropio in altetto (alto tecto?) era chiamato in vernacolo bolognese � Vi del tètt. � « E qui ne sian le nostre viste sazie. » � Un vicolo, aperto presso a poco dove ora sono le scuderie Bagnesi, congiungeva Fregatette con Castel-Maraldo.
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Appendici e note alla 2ª edizione del Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1883.
Contrada Fregatette (p. 122, 1. 32). � Nella pestilenza del 1630 questa contrada fu terribilmente provata dal contagio, perché abitata, come la prossima di Piangipane. da numerosi indigenti.
- Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Aggiunta alle Appendici e note (ediz. 1883) al Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1893.
Fregatette [Contrada]. (Diz. p. 121, I. 27). � II testo nel Diz. va così corretto � « Chi s'incaricò con mezzi espeditivi di sopprimere definitivamente l'alquanto scollacciata nomenclatura (dopo Rinaldo I duca che sino dal 1717 l'aveva abolito) fu nel 1773 Francesco III che con un tratto di penna ordinò la distruzione della stradicciuola anche più sconcia, e cosi furono troncate le consuetudini popolari perduranti nell' uso di continuare a segnalarla coll'antico titolo. Devesi questa variazione però alle sollecitazioni del nostro Lodovico Antonio Muratori, prevosto della Pomposa, e in calce ne riporto il documento, il qual'ebbi dalla cortesia di D. Giovanni Vandelli, attuale prevosto di S. Agostino. � Infierendo in Modena nel 1630-31 la peste asiatica bubonica, questa contrada fu terribilmente provata dal contagio, perché abitata, come la vicina sua di Piangipane, da numerosi indigenti.
- (Variante di nomenclatura di contrada in Modena: PROMEMORIA inedita di Ludovico Antonio Muratori).
« Adì 30 giugno 1717.
Essendo che una delle contrade della mia parocchia di S. Maria della Pomposa, posta fra quella della Nunziata e di Piangipane, portava per l'addietro un nome scandaloso, e tale, che le oneste persone non s'arrischiavano a mentovarlo, cioè si nomava di Fregatette, e desiderando io di mutarle denominazione, quindi è che il Seren . Sig. Duca Padrone Rinaldo I, con partecipazione di Mons. Ill.mo e Rev.mo Stefano Fogliani Vescovo nostro, è venuto in parere di dare un altro nome ad essa contrada e di metterla sotto la protezione d'una Santa, cioè di S. Maria Maddalena, acciocché abitando ivi alcune donne di malavita, queste miserabili si ricordassero spesso di chi s'era anche convertita di buon'ora a Dio, e la Santa pregasse per loro. E però l'A .S . Seren . ha mandato polizza Ducale all'Ill.ma Comunità e al Collegio dei Notaj , con ordine che da qui innanzi la suddetta contrada non s'abbia da appellare coll'antico nome, ma si debba chiamare Contrada di S. Maria Maddalena. Et io pure inerendo alla mente del Principe, ho avvisato oggi di tal mutazione il popolo della mia parrocchia, ed ho fatto di mia mano questa memoria per gli tempi avvenire.
LOD. ANT. MURATORI , Prevosto della Pomposa di Modena »
- Da “ Giovanni Botti Â? Vie e Piazze di Modena” 1938.
PELLEGRINI (Via Mario)
Da via Emilia a via Castel Maraldo. (Denominata dal 1918).
Medaglia d'Oro. Nato a Vignola il 7 dicembre 1880. Entrato nella R. Accademia Navale di Livorno ne uscì Guardiamarina il 16 novembre 1902. Intraprese tosto lunghissimi viaggi. Nel 1912 partecipò all'audace e fortunata impresa nel porto di Beyrouth. Nel 1917 nella notte dal 9 al 10 novembre cooperò all'ardimentosa impresa nella rada di Trieste con l'affondamento dalla grande corazzata « Wien » per il quale il comandante Luigi Rizzo ebbe la prima medaglia d'oro e il nostro eroe fu decorato di medaglia d'argento. Poco dopo, comandò il battaglione « Bafìle » del Reggimento Marina sul Piave. E il 15 maggio 1918 sul sottile scafo saltatore « Grillo » con altri suoi tre compagni penetrò con mirabile audacia nelle munitissime ed insidiose acque del porto di Pola, il più gelosamente custodito dal nemico, per assolvere un importantissimo compito che per forza di circostanze non riusciva a compimento. Rimaneva poi catturato dal nemico coi suoi compagni, fra i quali uno gravemente ferito. Fu promosso al grado di capitano di fregata per Merito di Guerra ed insignito di Medaglia d'Oro con la seguente motivazione: « Con sublime spirito di sacrificio e supremo sprezzo di ogni pericolo si offriva volontario al comando di un motoscafo destinato a forzare il porto di Pola. Con meravigliosa audacia, affrontando intrepido mortali pericoli, penetrava nel porto nemico, mirabile esempio di ogni militare virtù. » - Pola, notte sul 15 maggio 1918.
Questa via, prima di avere l'attuale denominazione, era intitolata sino dal 1773 « Contrada delle Case Nuove ».
In quell'epoca per la riforma edilizia delle Città ordinata dal Duca Francesco III, in questo luogo furono atterrate circa una ottantina di case: e le « vie Piangipane e Fregatette » che fiancheggiavano le . stesse, per desiderio di L.A. Muratori e per ordine del Duca Rinaldo I ebbero cambiato il loro medioevale nome in quello di S.Croce e di S.Maria Maddalena (1717).
Si nota in questa via un vecchio fabbricato con portico adorno di bei disegni, fatto costruire dai marchesi Taccoli. Ora è abidito a magazzeni. Un vicolo lì vicino congiungeva anticamente la via Castel Maraldo con la via S.Maria Maddalena.

Link per Cardinal Giovanni Girolamo Morone:
http://www.eresie.it/it/id613.htm /> http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Gerolamo_Morone /> http://cronologia.leonardo.it/storia/aa1525a.htm />
RECENSIONE

Giovedì 25 Settembre sono invitato a cena in questo locale.
Premetto che il cibo giapponese non mi è nuovo, poi vi ricordo che ho postato su “lavagna: forum varie“, nella sezione “chiedi a GustaModena”, il “Glossario giapponese da tavola” che trovate qui:
http://www.gustamodena.it/lavagna.php?cod=250. /> Per non perdermi niente ho dovuto prendere appunti e chiedere ogni tanto spiegazioni, nonostante queste �c'ho' capito poco, una cosa però l'ho capita, i prezzi sono elevati ma la qualità del cibo è indiscussa. Tutto pesce tassativamente fresco.

IL LOCALE

Questo ristorante si trova dove prima ce n'era un altro, l'Aragosta, ve lo ricordate?, ristorante di pesce, si mangiava benissimo, era caratteristico per le vasche piene di crostacei vivi. Beh questo locale invece è tutt'altra presenza, si capisce subito dall'ingresso che non ha la nostra tradizione, ma non la invade, anzi, direi che l'arredamento e la disposizione degli elementi decorativi sia stata studiata con sagacia, in modo da far capire agli avventori di essere sì in un ristorante, ma giapponese, senza però opprimere.
Il nome Higashi in giapponese vuol dire Oriente.
Subito all'esterno è presente una veranda dove, suppongo, si mangi d'estate. Non vi è pericolo di essere rotati dalle vetture in transito ne di intralciare il consueto viavai ciclo-pedonale perché ci troviamo subito dietro la statua dedicata al Muratori, quindi “fuori dalle balle”.
Come si nota subito all'ingresso la tinta delle pareti che la fa da padrone è il bianco, accentuato perchè quasi tutto il resto, pavimento in legno compreso, sedie, banconi… sono in wengè, quel marrone scurissimo, quasi nero, con leggerissimo effetto legno. Sulle pareti poche cose, grosse canne di bambù, qualche quadro floreale, ma soprattutto bianco latte. L'ingresso è assai ampio, la reception è subito lì sulla destra, alla sinistra un salottino, per ingannare l'attesa. a fianco della reception la prima sala e sullo sfondo si intravede il banco delle preparazioni “al volo”.
L'arredamento è semplice, tavolini quadrati da due posti, uno fronte l'altro, sedie comode. In alcuni punti sembra dover sedersi accovacciati, invece c'è lo spazio per tenere le gambe all'occidentale.
Arriva la titolare, una bella ragazzotta tutto sorriso e occhi vivaci, che ci fa segno di seguirla. Le luci sono soffuse, molto basse, aleggia una musica piacevole non invadente. Passiamo nella sala dove c'è il banco del cuoco. Gran bancone tipo pizzeria d'asporto, davanti una decina di posti per mangiare direttamente lì, controllando le manovre decise e precise dell'esecutore. Banco illuminato alla base da una luce soffusa verde e sopra da tanti faretti non accecanti. Sulla sinistra intravedo le toilettes. Giriamo a destra, noto la mancanza di una porzione di parete, al posto del muro due enormi canne di bambù incrociate. E siamo nella nostra sala, che è divisa in tre parti, a sinistra verso destra tavolini normali “al piano terra”, sulla destra leggero piano rialzato, ma le sedie sono disposte, come dicevo prima, in spazi appositi. Ciò crea l'illusione ottica del doversi sedere accovacciati, quando invece ci si siede normalmente (per noi). Alla fine dei tavoli “a terra” vi è la un tavolo rotondo da sei posti, credo sia l'unico in tutto il locale. Ho notato anche la presenza di alcuni anfratti tra le pareti nel locale dove è stato ricavato lo spazio sufficiente per un solo tavolino, oserei dire spazi speciali per una complice intimità.
Il nostro tavolo si trova in fondo alla sala sulla destra, praticamente contro la vetrata che dà in via Nazario Sauro. Io mi siedo sulla sedia spalle all'ingresso e la mia ospite di fronte su una lunga panca, spalle al muro. Ho modo così di osservare il muro ma non la sala. Muro assai interessante, direte ma chetteffregadelmuro. Eppure attira la mia attenzione. Le luci sono soffuse ma c'è luce. � qui che sta il bello. La parete si presenta con tre � quattro zone in rilievo con anfratti contenenti oggetti d'arredamento minimalista. Tra i rilievi sono incastonati cinque diamanti luminosi cangianti colore, disegno a forma di 5 del dado numerato. L'effetto è stranissimo e piacevole, illumina senza dar fastidio, cambiando lentamente colori, dal giallino al verde al violetto e così via, tutte tonalità pastello.
Il tavolo è apparecchiato semplicemente, tovaglietta bianca rettangolare che va da una parte all'altra del tavolo, dove sono i posti copre completamente ma non dove non ci si siede, asimmetrica. Bicchiere, tovagliolo e immancabili bacchettine di legno in bustine chiuse. Se pensi di spargere tutto il cibo sulla faccia del tuo compagno/a di serata, affrettati a chiedere le posate, te le portano subito.

Dopo la descrizione del locale non poteva mancare la visita alla toilette. Ci sono andato per il dolce, tanto io non l'ho preso. La toilette è stranissima. Ã? un lungo budello da cui si accede alla sinistra del banco preparazioni “al volo”. Corridoio tetro, stretto, ci sono passato appena (madonna come sono grasso…) ad un certo punto sulla destra, in un anfratto, c'è un lavandino a forma strana, a tronco di cono con la base verso l'alto e di fronte ad esso una porta a vetro opaco che introduce direttamente nella toilette delle donne…. Mi sono guardato bene da darci un occhio. Il corridoio prosegue e in fondo c'è la solita porta a vetro opaco, dentro, sala da bagno, lavandino uguale all'altro e water. Il tutto tenuto in un ordine e in una pulizia smagliante, ci si potrebbe quasi quasi mangiare. All'uscita becco un cameriere e gli faccio una battutaccia sui bagni, dicendo che essendo così bui e stretti sembrava proprio di entrare in un buco di ****. Lui sembra non capire l'italiano, poi ride di gusto e mi spiega in italiano stentoreo che avevano presentato un progetto in Comune per lo sventramento della zona per creare dei bagni più grandi e accoglienti, ma gli avevano risposto picche. Problemi con la sovrintendenza o giù di lì, vincoli mostruosi che il Comune imponeva ed altre mich**** del genere. Allora avevano fatto quello che potevano. Nel complesso risultato discreto, è bello ma stretto….o sono io che sono troppo largo?

LA CENA

Arriva la titolare, una ragazza giovane di chiara origine cinese, come penso tutto il personale, piccoletta, paffutella e molto carina, sia di fattezze che di modo di fare, gentilissima, come tutti del resto. In questi locali orientali il cliente viene portato su piatti d'argento, il trattamento che è riservato a lui è simile a quello di un pascià.
Ci mettiamo d'accordo perché ci venga portato un menù misto, per una persona sola che poi avremmo diviso in due, per comprendere al meglio la loro cucina. Io sono per le crudità, che mangerò da solo. Intanto scelgo da bere, visto che la mia ospite dice di non intendersene e che ne berrà solo un bicchiere…???… La carta dei vini è invidiabile, rossi, rosè e bianchi delle marche migliori. Alla fine scelgo una bottiglia di Sannio Falangina dei Feudi di San Gregorio del 2007, che ci viene portata dal sommelier e aperta al tavolo…. perfetta e freschissima, non gelata, ma va giù con piacere, gradita anche dalla mia ospite, che oltre a non averla mai bevuta credo non si sia fermata al solo bicchiere. 13 €
Incominciano le danze. Coperto 2 €.


SAMURAI STICK

Gli stick, come dice il nome, sono degli stecchi, grossi un dito, fritti, con ripieno di gamberi e salmone, da pucciare in una salsina sconosciuta ma gradevolissima, fritti con quella loro pastella leggerissima e non unti e giustamente croccanti. 7 €

SHAO MAI DI GAMBERI

Questa una vera sorpresa, avete presente i ravioli cinesi al vapore, sono più o meno la stessa cosa, solo che sembrano dei fagottini col di sopra aperto, dentro un ripieno pastoso e caldo a base di coda di gamberi e sopra, a chiudere l'apertura, tante piccolissime palline arancioni, che scopro essere uova tobiko, le uova del pesce volante (ovviamente l'ho chiesto, credevo fossero tipo le uova di salmone che si usano per pescare le trote…). I fagottini sono adagiati su una crema pallidissima di piselli con macchie color arancio, utilizzano per questi una salsina piccantissima…e si sente.
Il sapore è sublime, ne avrei mangiati duemila. 6.80 €

SPAGHETTI TAILANDESI

Abbondante porzione di vermicelli di riso saltati con verdure miste e gamberi, spiccano i germogli di soia, gli spaghetti quasi non si sentono e non si vedono, loro non li tengono lunghi come noi, non hanno micca le forchette, infatti li tagliano a pezzi. Buoni e leggeri. 7.50 €

SPAGHETTI DI SOBA MISTO MARE

Stessa abbondante porzione, qui gli spaghetti si vedono, infatti sono fatti di grano saraceno, quindi vermiciattoli sottili scuretti, sembrano gli integrali Barilla spezzettati, condimento molto simile ai precedenti, ma con in più cozze e vongole con i loro gusci. Fate molta attenzione a mangiarli, avendo il tutto un colore scuro può succedere si prendere un boccone con dentro un guscio di vongola e addentarlo…..poco piacevole, ve lo assicuro.

Sono due piatti che sembrano differire solo per il tipo di vermicello, in realtà, oltre ad una lieve variazione del tipo di spaghetto e delle verdure, la differenza sostanziale viene fatta dalle spezie che sono completamente diverse, questo me lo ha detto una minuta cameriera, tanto minuta che credevo si fosse nascosta sotto al tavolo. Noi non siamo ancora avvezzi a questo uso di aromi, quindi facciamo molta fatica a distinguere i sapori, ma se ci si fa caso, sembra di avere una profumeria in bocca. 7.50 €

TEMPURA DI KAISEN

Finalmente mi tolgo lo sfizio della famigerata tempura, ne ho sempre sentito parlare. Questa, detta per l'appunto Kaisen, è fatta di misto di pesci vari. Niente da dire, la frittura è perfetta, senza sbavature e untuosità. Pastella sottilissima e friabile, ripieno strapieno. Eccezionale. 14 €

ARCOBALENO MAKI

Praticamente una delle varie perversioni del sushi. Oserei dire una combinazione di sushi classico, maki e norimaki (per capirci leggere il mio dizionario, che ho consultato anche per questa recensione). Molto interessante e assai accattivante per il palato. Ã? la terza volta nella mia vita che mangio il sushi e tutte e tre quest'anno. La prima al San Nicolò a Carpi, la sera della degustazione, dove mi è piaciuto il sapore ma l'ho trovato impomante (falcon mi aveva detto che era stato probabilmente preparato da alcune ore, quindi tendeva ad ammassonarsi), forse i pezzi erano troppo grossi e il riso troppo compatto e troppo legato…. Ho difficoltà ad esprimermi. La seconda volta quando l'ho preso take-away al Fujyama, e quella volta mi era sembrato migliore, ma scarso di pesce. E poi qui. Ecco, questo decisamente diverso, giusta quantità di riso, tale da poter essere impacchettato ( le altre due volte avrei faticato un sacco ad usare i bastoncini). Vediamo di descriverlo bene, non è semplice. Dunque, il piatto è rettangolare e contiene 4-5 pezzi di sushi-nori-maki. Sto facendo casino? No, ho detto che è un misto ben amalgamato, infatti abbiamo il sushi vero e proprio, con la sua bella quantità di riso a forma di mattonellina con arco superiore ricoperto da sottili fettine di carpaccio di tonno o branzino o salmone, poi un altro sushi con il ripieno, tipo i nostri polpettoni con dentro qualcosa, li affetti e hai delle fette variegate. All'interno c'è un cilindro di alga nori pieno di gamberi fritti. Provare per credere. Il connubio riso-alga-gamberi è apocalittico. Avevo letto di qualcosa del genere, ma gustarlo è un'altra faccenda.
Quasi dimenticavo le due guarnizioni che non ti aspetti. Alcune sottilissime fettine di rafano, dal caratteristico sapore forte e piccante. Qui in oriente si fa un uso spropositato di rafano, noi d'altra parte metteremmo il peperoncino su tutto….. Poi una specie di pallina floscia di colore verdino…..AAAHHHHH. mi viene immediatamente in mente cos'è !!!!!!! Il WASABI. E un ricordo terrificante si fa largo nella mia testa. Avete mai assaggiato il wasabi? Beh, questa innocua pastina verde non solo è piccantissima, ma è devastante se non state attenti. IO NE SO QUALCOSA. Quando ho preso il sushi take-away, a casa ho aperto il tutto e mentre mi gustavo quegli scazzapocchi, mi salta agli occhi una pastina a forma di pallina verde buttata lì in un angolo. La sfioro con la punta del coltello, è floscia, non la identifico e siccome sono una volpe, col coltello la tiro su tutta e me la conficco in bocca, senza pensare le do una masticatina e la butto giù………………………AAAAAAAAAAAAAAA…………………………. urlo cavernicolo che debbono averlo sentito fino a Tokyo.
Avete presente nei cartoons quando qualcuno mette in bocca del nemico un candelotto di dinamite e questo scoppia?????????? Ecco, la stessa cosa. Ho provato la stessa sensazione. Non una cosa piccantissima, ma ho provato il boato. Come se mi fossero scoppiate le budella. Ho percepito lo spostamento d'aria nello stomaco, la vampata che risaliva lungo l'esofago, l'impeto dell'espulsione del fuoco e il contraccolpo che mi ha spinto i bulbi oculari fuori dalle orbite. In quel momento mi sentivo come se mi si fossero rizzati tutti i peli del corpo, poi mi sono sentito spossatissimo, ma felice, non so perché, respiravo a pieni polmoni e mi sentivo leggero. Una reazione a catena terribile e piacevole al tempo stesso. Se avete coraggio provatelo, ma se poi state male non dite che vi ho istigato io.
Memore di tutto ciò, mi sono guardato bene dal ripetere l'esperienza, una volta è già troppo, e ho iniziato a spalmate infinitesimali veli di pasta sui bocconi provando piacevoli sensazioni. 12 €

SASHIMI NEW STYLE

In parole povere altro non è che un carpaccio con salsa della casa, sconosciuta. Questo carpaccio è composto, tanto per cambiare, da gamberi, salmone e branzino. Queste sottili fette sono disposte sul piatto a raggiera, quasi a formare un sole, con i gamberi a raggi più lunghi. Al centro sottilissimi filamenti di rapa rossa e rafano come guarnizione. Il tutto però non era completamente crudo, anzi, a detta della titolare, quasi stufato. Infatti viene versato sopra la composizione dell'olio bollente, in modo da “stufare leggermente” la parte superiore del pesce. 14 €

FRUTTINI GELATO

Questo io non l'ho preso, sono andato in bagno, ricordate, ma riporterò le esatte parole della mia ospite: “tortino al cioccolato ripieno di crema di cioccolato fuso servito caldo con gelato al pistacchio e fettine di ananas. La fine del mondo.” 6 €

Poi caffè, deca come al solito. Buono 1.50 €

Che dire. Sono uscito dal locale che ero pieno e soddisfatto. Adoro il pesce crudo, anche se continuo a preferire le nostra tartare, ma anche i nipponici si difendono egregiamente. In quanto agli spaghetti, li avranno anche inventati dalle loro parti, ma noi soli sappiamo come mangiarli.
Però ho mangiato divinamente. Normalmente non mi fido della cucina cinese, lo confesso, ma quella giapponese mi intriga, mi attira, mi seduce, mi tranquillizza. Il sol levante…..
Così soddisfatto esco dal locale ossequiato all'inverosimile dallo staff del locale, senza aver pagato, ma felice di avere in tasca la ricevuta del conto, quello che basta per salvare capra e cavoli.
Dimenticavo, abbiamo preso anche una bottiglia di acqua, che in realtà è rimasta quasi tutta lì. Un paio di bicchieri per la mia ospite, per fortuna che si proclamava quasi astemia, e un goccio per me per buttare giù le mie pillole da perfetto vecchio malaticcio. Ho anche la marca dell'acqua, l'ho scritta su un foglio, perché questa marca mi era praticamente sconosciuta, anzi non pensavo nemmeno che là avessero fonti. Bottiglia da 750ml, TAU, importata da Acqua Gallese, prodotta in Galles.
Non era né fresca né fredda, aveva lo stesso sapore di quella del rubinetto di casa mia, ma io la tengo in frigo ed è meglio.
Totale 96.30 €

Debbo ammettere che è caro, ottimo ma caro. Questo genere di cucina si basa tutto sulla freschezza del pesce, quindi sono cibi ad alto contenuto monetario. Direi comunque che sono euro ben spesi e che, a differenza dei cugini che sono assai più economici, ma che non sai cosa ti danno e una volta mangiato da loro non ci torni per molto tempo, questa cucina può attirare anche varie volte in un mese, perché i sapori non sono statici, ma dinamici. Non esci dal locale che sai di fritto, non hai dei locali arredati in maniera pacchiana, stra-illuminati con arredamenti kitch e pallosissime musiche di sottofondo che ti rammentano le danze che vedi nei documentari. Anzi, le luci sono decisamente soft, la musica non invadente e del genere Lounge, camerieri tassativamente vestiti di nero con divisa tutti eguale che volteggiano fra i tavoli come fantasmi.
Ritengo quindi che sia una spesa sostenibile la prima volta per farsi un'idea di cosa si può incontrare, successivamente può essere interessante presentarsi solo per snack veloci. Invece di farsi un panino ci si può sparare un sushi…..

Ad ogni buon conto, cibo veramente d'eccezione, servizio impeccabile, ambiente accattivante, giudizio finale 5 cappelli, volevo dare 4, ma alla fine ho propeso per 5. Dò il quinto cappello con riserva perché il prezzo è un po' alto, adesso il locale è sempre pieno, come la sera che ci sono andato io, poi non so se gli italiani potranno mantenere quel ritmo, o quella moda, forse un ritocchino alle cifre manterrebbe il locale più pieno per più tempo…..

Ã? ovvio che la valutazione dei 5 cappelli va presa solo a beneficio d'inventario. Se si paragonano i locali a cui ho dato il massimo ci si accorge essere tutti diversi fra loro, bisogna considerare il contesto, l'affezione e le sensazioni che si recepiscono nel momento in cui ci si siede a tavola, solo così si potranno avere due votazioni uguali pur essendo due locali diametricalmente diversi. Il servizio, la quantità o la qualità del cibo, il sottofondo, l'aria che si respira, la giovialità o la professionalità, l'ambiente casereccio o sopra le righe, la confusione o il silenzio, il dialetto o l'italiano o la lingua sconosciuta, la compagnia…. sono tutti fattori che mi mettono in condizione di dare il massimo punteggio sia a un locale d'elite sia ad una bettola.


Imperdibile!!!

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[bicio]
05/10/2008
ehi grog, per fortuna che sono dipendente inps, altrimenti mi dovrei prendere le ferie per leggere questa tua altra perla, bella la spiegazione delle strade, complimenti. Però, memore dei miei viaggi e dei pasti consumati in oriente, non sono ancora pronto per una visita. Si vedrà in seguito.
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[GROG]
05/10/2008
Ne potremo parlare, sarebbe interessante organizzare una cena GM proprio in un locale del genere. Vedremo.
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[mizoguccini]
06/10/2008
GROG, il wasabi, come hai scritto nel tuo glossario, andrebbe diluito nella salsa di soia, non mangiato puro... anche a me piace molto il suo effetto, spesso ne chiedo un supplemento, ma è meglio andarci cauti.

Una nota sui maki: se hanno l'alga all'interno sono uramaki, cioè maki al contrario; il maki tradizionale ha l'alga all'esterno, ma siccome i giapponesi si sono accorti che in genere agli occidentali non piaceva molto l'alga (e molti la scartavano senza neppure provarla), ne hanno messa meno e all'interno.
Se nei tuoi maki c'era il gambero fritto dovevano essere tempura uramaki: di solito questi non vanno pucciati nella soia ma sono già conditi con una salsa più dolce, era così?

Infine, maki significa rotolo in generale, per esempio si chiamano emakimono i "libri illustrati" con pitture su rotolo.
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[GROG]
06/10/2008
Grazie mizo per le spiegazioni, ne farò tesoro.
Il gamberetto fritto non mi sembrava condito con la salsa, ma posso sbagliarmi.

emoticon pensa che credevo che l'emakimono fosse la vestaglia di ema......emoticonemoticonemoticon

ciao
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[ *utente bannato*]
06/10/2008
beh, il tuo 5 cappelli mi conforta! se sei uscito pieno, meglio spendere 50 euri lì che i 55 che ho speso nelle due mangiate di pesce tradizionali che ho recensito oggi e che recensirò domani
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[gi]
07/10/2008
finita di leggere solo adesso (puff puffemoticon )

Sono straordinariamente d'accordo col tuo ultimo paragrafo, che parla di valutazioni, e' cosi' anche per me!

Dovremmo aprire un wiki..